31 agosto 2015

SVIZZERA - CHIAMATA INTERNAZIONALE CONTRO "CONEX15"

NESSUNA FRONTIERA. NESSUNA NAZIONE. NO CONEX15!

Chiamata contro la militarizzazione delle nostre vite

 

Dal 16 al 25 settembre 2015 a Basilea e nel nord-ovest della Svizzera si svolgerà un’esercitazione militare federale denominata “CONEX15”. Durante quest’esercitazione, in alcuni punti nevralgici della città come la stazione, le frontiere o il porto, sarà messo in atto un controllo militare reale. Lo scenario su cui si basa questa esercitazione è quello di una situazione di un’ Europa post-crash in cui la Svizzera, unica isola sfuggita alla crisi mondiale, deve proteggersi contro e da tutti e tutte, specialmente contro le/i migranti e le/i nemiche/ci internx.
In settembre venite a Basilea e partecipate alle azioni!
Oppure auto-organizzatevi, fate azioni, poco importa dove e come, contro quellx che si arricchiscono con le espulsioni e la reclusione, contro le istituzioni e le ditte che costruiscono la fortezza Europa, che collaborano con gli eserciti, ecc.
Venerdì 18 settembre, nell’ambito della resistenza contro questa esercitazione militare, si svolgerà la manifestazione “No Border – No Nation – No Conex”, il concentramento è alle 19.00 a Claraplatz a Basilea.
Di seguito l’appello del corteo:
Ne frontiere ne nazioni. Sabotiamo CONEX15
L’esercitazione delle truppe dell’esercito svizzero, “CONEX15”, che si terrà dal 16 al 25 settembre nel nord-ovest della Svizzera, descrive lo scenario di minaccia in questo modo:
In una fittizia Europa del futuro, con terre e frontiere diverse, domina la crisi economica. Le conseguenze si ripercuotono anche sulla Svizzera: riduzione delle riserve, commercio clandestino, organizzazioni criminali. Delle grosse provviste di olio, di gas e di cereali diventano gli obbiettivi di sabotaggi e saccheggi. Inoltre, le tensioni etniche portano ad un aumento dei flussi di rifugiati in Svizzera.”
Nell’ Europa attuale, la crisi economica spinge un numero crescente di persone nella povertà ed i bisogni vitali più essenziali in parte non possono più esser soddisfatti. Per milioni di persone, esiste solo una realtà: dei portafogli vuoti e delle battaglie quotidiane per poter mantenere in un modo o nell’altro la testa fuori dall’acqua.
Nell’Europa attuale come anche in Svizzera, la frontiere sono già militarizzate. Le/i migranti, che fuggono dalla guerra, dall’oppressione e dalla miseria per cercare una vita migliore in Europa, devono far fronte ai sistemi di protezione delle frontiere, si vedono la via sbarrata da aerei, droni, navi e sorveglianza satellitare. Il tutto è ancora più grottesco non appena ci si rende conto del modo in cui gli stati europei sono implicati nello sfruttamento e la “destabilizzazione” di altri paesi.
Quello che aspetta le persone che riescono ad oltrepassare la pericolosa entrata sono i lager (centri di detenzione) e le prigioni dell’ Europa delle democrazie: una vita sotto sorveglianza e sotto controllo, alla merce degli ingranaggi della legge sull’asilo e esposte alla minaccia continua di essere di nuovo espulse.
Allo stesso tempo, la legge del profitto colpisce le persone che vengono sfruttate come mano d’opera a basso costo oppure private di una vita autodeterminata.
Anche in Svizzera un gran numero di aziende come ad esempio ORS, SECURITAS, ecc.. lucrano sulla gestione dei campi, del controllo delle/dei migranti, ecc…
Le domande, gli scenari in soggetto delle quali sono attese delle risposte nel quadro di questa esercitazione militare, sono secondo noi i punti interrogativi dei governanti e di chi possiede il potere in questo sistema capitalista e/o che opera per la sua permanenza: è porsi delle domande sul modo in cui si possano mantenere le posizioni sociali e politiche del potere nel mondo e i guadagni del capitale possano essere assicurati; il modo in cui convincere la gente a farsi sfruttare sempre più; il modo in cui si impedisce ai/le migranti di venire in Europa e in Svizzera; e infine, il modo per zittire chi lotta contro tutto questo o aspira anche solo semplicemente all’auto-emancipazione.
Le loro risposte sono sempre le stesse: rafforzamento delle leggi, sviluppo dell’apparato repressivo con i suoi sbirri e le sue prigioni e quando gli sembrerà necessario, l’utilizzo dell’esercito.
L’esercitazione militare CONEX15 è una panoramica delle strategie e degli obiettivi dei dominanti ed è un esempio di come rispondono ai loro interrogativi.
In più, si tratta di sapere quale effetto psicologico questa esercitazione avrebbe sulla popolazione: è stata evocata come se la minaccia venisse dall’ “esterno” e allo stesso tempo studiata come “dobbiamo difendere la democrazia e la sua economia”. La militarizzazione e la repressione verrebbero quindi legittimate: la gente deve abituarsi alla presenza di soldati per strada e quindi al fatto che delle persone vengano rinchiuse nei campi.
Noi non chiediamo una democrazia più diretta o un capitalismo più giusto. Perché la democrazia stessa è soltanto una forma di governo che serve a controllare, a gestire le persone nel sistema capitalista, a scoraggiare il pensiero individuale e ad agire mentre ci si fa ingannare dalla co-gestione. La democrazia, lo Stato-Nazione, il capitalismo seguono la stessa identica logica: il servilismo ed il controllo delle persone. Continuando con questa logica, le frontiere, i campi, le prigioni e le espulsioni continueranno ad esistere…
Noi non abbiamo alcuna risposta riguardo a queste domande all’interno di quest’ordine e questo sistema. La nostra unica risposta è la rabbia verso questo mondo con i suoi muri e le sue frontiere, e la solidarietà verso tutti coloro che spariscono nei campi e nelle prigioni di questo sistema, il quale non prevede un posto per loro.
Per un mondo senza frontiere né nazioni!
Per un mondo senza lager né prigioni!
Blocchiamo e sabotiamo CONEX15 e il regime migratorio nel suo insieme

http://noconex15.noblogs.org/italiano/

PERQUISIZIONI E MISURE CUATELARI A MODENA E A PARMA PER ATTACCO AD UNA SEDE FASCISTA

Riceviamo e diffondiamo:

All'alba di venerdì 27 agosto due compagni di Modena e uno di Parma hanno subito una perquisizione abitativa da parte dei ROS di Parma e in seguito sottoposti agli arresti domiciliari con l'accusa di aver incendiato nell'aprile del 2014 un abitazione nel parmense nella quale alcuni simpatizzanti di Casapound avevano organizzato un'iniziativa denominata "The Revolution Party".
I capi di accusa sono incendio, violazione di domicilio, porto di arma da guerra e porto di oggetti atti a offendere.
Non ci interessa sapere chi sia stato ma non possiamo che rallegrarci se le sedi dei fascisti vanno a fuoco.
Seguiranno aggiornamenti
Andrea, Tommi e Pippo liberi!
Tuttii/e liberi/e

Compagni e compagne solidali

VENTIMIGLIA: AGGIORNAMENTI SU FERMI E FOGLI DI VIA CONTRO IL PRESIDIO NO BORDERS

riceviamo e diffondiamo:



Fogli di via e frontiere: non ci fermerete mai

La repressione continua al presidio di Ventimiglia.
Ieri sera, Pasquale, attivista No Borders presente al confine sin dal primissimo giorno, è stato fermato sulla strada per Ventimiglia appena fuori dal campo dalle forze dell'ordine e invitato a recarsi in commissariato. Lì gli è stato notificato un foglio di via in cui gli viene contestata l'occupazione al presidio e la partecipazione alla manifestazione non autorizzata di sabato 22 agosto.
La misura adottata, risulta oltremodo grave e incomprensibile, Pasquale infatti vive in un paese limitrofo (Dolceacqua) e non può fare a meno di passare da Ventimiglia per svolgere le sue attività quotidiane.
Insieme a lui è stato fermato e portato in commissariato anche una altro attivista, arrivato al presidio ieri stesso. Dopo essere stato tenuto per più di quattro ore negli uffici della polizia, dopo essere stato minacciato di espulsione ha rifiutato di dare le impronte digitali e foto segnaletiche e per tutto ciò è stata aperta un' indagine per resistenza a pubblico ufficiale a suo carico.

La stretta repressiva viene usata in maniera totalmente strumentale per attaccare il presidio e intimidire le volontà e la vita degli occupanti, in quanto espressione di una nuova sperimentazione di autorganizzazione.
Con questo comunicato vogliamo richiamare l'attenzione su tutti gli atti di repressione che stanno colpendo il campo in queste settimane. Ultimo tra questi l'abuso subito ieri mattina da due compagne, fermate durante una delle attività di monitoraggio alla stazione di Menton e trattenute dalla PAF (police aux frontiers) per 3 ore in frontiera assieme ai migranti rastrellati sul treno.

Dopo il brutale arresto di Fouad la notte del 23 agosto, dopo i sei fogli di via consegnati ai compagni/e la notte dell'11 Agosto e il pestaggio da parte della Police Nationale francese e della BAC (Brigade Anti-Criminalité), la stessa notte, di un compagno francese, fermato insieme ad altri due attivisti, affianco ai continui e massicci respingimenti di migranti che la polizia francese e italiana operano ogni giorno, contrastandosi e contraddicendosi continuamente.
Possiamo oggi osservare che almeno su un punto i loro interessi si congiungono: reprimere quelle persone che hanno deciso di fare uscire dall'invisibilità il movimento per la libertà che i migranti portano qui e nel resto d'Europa. In realtà, questa modalità di controllo dei movimenti migranti, della quale assistenzialismo e militarizzazione si nutrono, si ritrova ovunque. Dai lager che l'Europa costruisce in Magreb ai recenti rinforzi militari a Calais, passando per i molteplici sgomberi avvenuti a Parigi durante l'estate. La repressione continua laddove organismi parastatali come la Croce Rossa o France Terre d'Asile non riescono a far tacere la voce dei migranti in lotta per la dignità in ogni luogo che attraversano.

A tutta la repressione che viene e verrà dal potere poliziesco e istituzionale, le relazioni che qui si sono costruite e intrecciate continueranno ad attaccare e indebolire la loro pretesa di controllare e gestire i flussi migratori.
Pensano forse di fiaccarci con la loro repressione costante?
Credono davvero di poter fermare chi ogni giorno questi confini li oltrepassa?
Davanti a tutte le persone che la fortezza Europea assassina quotidianamente nel mediterraneo e sulle sue autostrade opponiamo una sete di libertà incontrollabile.
Non saranno certo vecchi e nuovi dispositivi di repressione a fermare questo viaggio. Ci allontanate da qui, ci troverete ovunque, nelle strade e nelle città pronti a far rinascere la lotta contro ogni confine.
Il contrattacco sarà la nostra pratica quotidiana.

Every cop is a border!
We are not going back!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

CREMONA: RIPETITORE DI TELEFONIA E MACCHINA DI UN MILITANTE DI CASAPOUND, DATE ALLE FIAMME

da informa-azione.info

Apprendiamo dai media locali che, nella notte tra il 19 e il 20 agosto, un ripetitore di telefonia mobile è stato incendiato in solidarietà con Emilio, compagno gravemente ferito dai fascisti di Casapound e successivamente colpito dalla repressione per quegli stessi fatti. Sull'asfalto davanti al ripetitore è infatti stata vergata la scritta: "Vendetta per Emilio".

I militanti dal CSA Dordoni prendono subito le distanze dall'azione dichiarando: "Apprendiamo dai giornali locali che presso il ripetitore incendiato di telefonia mobile di via Castelverde è apparsa la scritta ‘Vendetta per Emilio’. Non siamo sbirri, non puntiamo il dito e non tiriamo conclusioni affrettate. Ribadiamo, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che l’Antifascismo è una questione molto seria che necessita di essere affrontata senza ulteriori indugi. L’incendio di un ripetitore telefonico non ci sembra che vada in questa direzione."

Nelle prime ore del 20 giugno invece, la macchina di Gianluca Galli, responsabile cremonese di Casapound, era stata data alle fiamme e completamente distrutta. 

CALCIDICA: QUANDO PER LO STATO NON VA TUTTO LISCIO..

riceviamo e diffondiamo:

AGGIORNAMENTI DA SKOURIES, CALCIDICA :
QUANDO PER LO STATO NON VA TUTTO LISCIO…
 

In questo momento in cui i territori vengono dissanguati sempre piú, in nome del profitto di chi si trova ai piani alti della societá capitalistica, diverse lotte autoorganizzate e dal basso sono nate e cresciute in contrasto a questi progetti devastatori.
La lotta contro la miniera d’oro a Skouries è stata da anni caratterizzata dalla sperimentazione di nuove tecniche di controllo e repressione, come il prelievo del DNA, a volte con l'uso della violenza, le restrizioni come quella di stare ad almeno a 4 km di distanza dal cantiere o come il rastrellamento dei MAT nel villaggio di Ierissos nella primavera 2013.
Il 23 Agosto si è avuta una manifestazione nelle montagne di Skouries con una presenza massiccia e numerosa che ha portato a lunghi tentativi di avvicinarsi al cantiere difeso da centinaia di divise. Al termine del corteo, un pullman che era appena partito per tornare al campeggio di Ierissos è stato bloccato dalle forze dell’ordine, che ancora una volta hanno confermato il loro ruolo sbattendo per terta una manifestante e rompendogli una gamba a manganellate. Dopodiche' ci hanno sottoposto a tutti e 78 presenti allo stato di fermo, portandoci tutti in questura e rilasciando uno ad uno i 74 dopo avergli scattato foto segnaletiche, dopo avergli preso le impronte digitali e dopo avergli notificato la denuncia per aver partecipato a un corteo violento.
Avendo rifiutato di dare le impronte digitali in 4 tra i fermati e in 2 anche le generalitá, siamo stati tratti definitivamente in arresto, in attesa della direttissima del giorno seguente.
La giornata di resistenza del 23 Agosto sulle montagne di Skouries sono momenti di lotta che mettono in discussione i piani capitalistici di multinazionali e padroni che arricchiscono le loro tasche distruggendo i territori; questo tipo di proggetti hanno un'importanza cosí vitale per il capitalismo che chiunque oppone resistenza dal basso viene punito in maniera forte e decisa.
Allo stesso modo lo stato ha pugno duro contro chi si ribella alla societá di controllo, come quando per esempio ci si rifuta a dare le impronte digitali e il DNA.
È in questo contesto che rientra la sentenza di oggi, 24 Agosto, per direttissima dove il giudice ci ha dato 17 mesi di riclusione con pena sospesa e le due detenute 18 mesi di reclusione, al quale poi si é aggiunta la richiesta della polizia per applicarci la deportazione e interdizione di territorio per tutti e 4.
Abbiamo deciso di non dare le nostre impronte digitali perché rifiutiamo lo schedamento che il sistema vorrebbe applicarci e non vogliamo sottometterci ai loro procedimenti di controllo.
Combattiamo contro questo sistema che espelle tanto coloro che non sono utili per il raggiungimento dei suoi scopi, quanto chi non sottomette la sua vita al capitale e alle sue regole.
Soliedarietá a tutti quelli lottano, che sono rinchiusi al confine o in qualsiasi luogo in attesa di espulsione.
Che i momenti di ribellione e di resistenza possano moltiplicarsi ovunque.

Due compagni anarchici, stazione di polizia di Polygyros,24 agosto 2015
Riceviamo e diffondiamo:

DOMENICA 6 SETTEMBRE
PIRATE*FEST* AL LARGO LE VELE!!

dalle 16.30 concerto hc con:

TEAR ME DOWN - punk hc da Roma/Cagliari
RAUCHERS - fastcore da Desenzano del Garda
BELTZA - natura*core italiano-euskera da Bergamo
UPRISING - ardecore da Brescia

Dopo il concerto se magna assieme..
e si balla ardentemente!

@Laboratorio Anarchico LA*ZONA
via bonomelli 9 Bergamo
lab.lazona@gmail.com

Riceviamo e diffondiamo:
SABATO 12 SETTEMBRE dal 19 in poi al MOLOVERDE (SV)

CONCERTO HC BENEFIT PRIGIONIERI/E con:

JUAN MAN BAND - Rovereto hc
LA SINTESI - Savona hc
THE SMUDJAS - Milano emo-punk
GLI STRONZI - Imperia punk
LABRATS BUGBAND - Losanna rap
FLICS DANS LA TETE - Torino hc
5MDR - Savona street-punk
EVERSIONE - Sanremo hc
HOLY FROST - Marsiglia crust

a seguire djset con
Dome e Ejecktsound

MOSTRE, DISTRO & BUFFET

Il Moloverde rimane sulla via Aurelia tra Savona e Albisola
esattamente all'imbocco della galleria lato Albisola.

per maggiori info: solidali15ottobregenova@gmail.com - ilmainasso.noblogs.org


24 agosto 2015

OPUSCOLO: LA LOTTA CONTRO IL MEGA-CARCERE DI BRUSSEL - UNA CRONOLOGIA DI ATTACCHI E OPPOSIZIONE (INGLESE)

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 Lo Stato belga ha annunciato da qualche tempo l'intenzione di costruire 13 nuove carceri, moderne ed efficienti.

Come parte di questo piano generale, lo Stato vuole edificare un mega-carcere ad Haren, a nord di Brussel. E' studiata per essere la più grande prigione del paese, un'autentica cittadina carceraria che includerebbe cinque diverse galere nello stesso luogo, in grado di contenere almeno 1200 persone tra uomini, donne e bambini.

Mentre il conflitto contro questa mostruosità continua a scatenarsi, la presente pubblicazione di 48 pagine include analisi e una cronologia degli attacchi avvenuti negli ultimi due anni e mezzo di lotta contro questo progetto.

Contenuti:

- No a nuove carceri, no alla maxi-prigione di Brussel!
- La lotta contro la costruzione di una maxi-prigione e l'offensiva del potere
- No alla maxi-prigione, né qui, né altrove!
- Ribelliamoci contro la costruzione di una maxi-prigione
- Ai posti di partenza, pronti, via!
- Agli indesiderabili
- Rompere le righe
- Per l'insurrezione
- Sabotaggio
- Agli incontrollabili
- Cronologia degli attacchi e del conflitto

Per la lotta,
Person(s) Unknown Publications

 

CAMION DELLE IMPRESE FORESTALI DISTRUTTI PER RICORDARE I MAPUCHE ASSASSINATI


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Collipulli/ Dopo la commemorazione dei codardi omicidi dei weichafe (guerrieri, ndt) MapucheRodrigo Melinao e Jaime Mendoza Collio,oggi nel territorio Wenteche sono stati compiuti degli atti di sabotaggio contro i principali nemici delle comunità mapuche in resistenza, 6 camion appartenenti all’impresa forestale Arauco sono stati completamente distrutti all’interno del Fondo Santa Cruz.
Bisogna precisare che queste azioni si inquadrano nella commemorazione dell’assassinio dei comuneri Mapuche:
RODRIGO MELINAO LIKAN ( 6 agosto 2013): Era stato processato varie volte per il suo attivo ruolo nel recupero della terra e per azioni di resistenza mapuche nella zona di Ercilla. Aveva eluso l’autorità dandosi alla fuga e fu decretata la sua cattura ad ogni costo. Si era mantenuto in clandestinità fino a quando, una notte, fu trovato morto con segni di crudeli torture. Fu freddamente assassinato da mercenari repressori, da yanakona (indigeni ausiliari, traditori, ndt) e gruppi anti mapuche che operano al margine della legge, per tutelare gli interessi dei grandi gruppi capitalisti. Fu un oscuro crimine pianificato.
JAIME MENDOZA COLLIO (12 agosto 2009): Durante l’occupazione di un fondo, nell’ambito del recupero delle terre ad Ercilla, Forze Speciali e GOPE (grupo operativo speciale dei Carabinieri, ndt) hanno fatto irruzione sparando sulle persone che si trovavano nell’occupazione del fondo conteso, i repressori inseguirono per chilometri il Weichafe Jaime Mendoza Collio fino a sparargli un colpo alla schiena, provocando così la sua morte. Successivamente le istituzioni e l’agente del GOPE manipolarono le prove per giustificare nei tribunali che lo sparo sarebbe stato effettuato “a propria difesa”, versione che è stata screditata.
Il fatto che lo Stato Cileno si rifiuti di rinunciare alle forze di polizia, alle imprese forestali e ai coloni che occupano con la forza i territori in conflitto nel Wallmapu, e che cerchi come unica soluzione le azioni giudiziarie, farà sì che le mobilitazioni, usando la violenza politica, continuino ad essere sulla prima pagina di vari mezzi dell’informazione e che i tribunali si riempiano di cause.
Fuori gli investimenti capitalisti dal Wallmapu.
Esercitando il controllo territoriale, avanziamo verso la liberazione nazionale.
Libertà per i Prigionieri Politici Mapuche

Fonte

"7 ANNI SEPOLTO VIVO NELLE SEGRETE DI GOMEZUELA"


Dal 23 al 30 agosto si svolgerà la settimana di solidarietà e agitazione per i prigionieri anarchici; all'interno di questa mobilitazione è stata curata l'uscita di una serie di opuscoli e libri inerenti la critica anticarceraria oltre che per l'approfondimento di tematiche abolizioniste.

"Sette anni sepolto vivo nelle segrete di Gomezuela", è una delle poche opere scritte dalla fumosa leggenda popolare dell'anarchismo, Máximo Lizcano (Biófilo Panclasta), sui suoi anni di detenzione senza processo nelle carcere venezuelane, dal 1914.

Questa opera rappresenta non solo una parte di storia dell'anarchismo "grancolombiano", ma anche un componimento sul sistema penitenziario, unico e antecedente ai diversi scritti sul carcere realizzati durante la lunga notte della dittatura di Juan Vincente Gomez.

Questa seconda edizione è stata realizzata con la complicità di Clemente Perez, che si adoperò per ottenerne una copia dall'Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam; il testo è stato editato in Colombia e Venezuela da Corazón de Fuego Records e Indubio Pro Reo, il prologo scritto da Rodolfo Montes de Oca.

LINK al .pdf

La pubblicazione è realizzata per la libertà totale e la fine dei processi di:
Ignacio Muñoz Delgado, Javier Pino, Juan Flores, Nataly Casanova, Sergio Álvarez, Natalia Collado, Enrique Guzmán, Guillermo Duran,  Manuel Espinoza, Víctor Zuñiga Quijada, Felipe Román Toledo, Natalia Alvarado Gattas, María Paz Vera, Diego González, Hans Niemeyer Salinas, Tamara Sol Farías Vergara, Marcelo Villarroel y presos del Caso Security (Chile);Fernando Barcenas, Abraham Cortés  y Coordinación Informal de Presxs en Resistencia (México); Mónica Caballero, Francisco Solar, Claudio Lavazza, Gabriel Pombo Da Silva, Enrique Balaguer Pérez, Paul Jara Zevallos, Javier García Castro, José María Pirla Oliván, Honorio Gómez Alfaro, Noelia Cotelo Riveiro, Jorge Linares Izquierdo y  Javier Grijalbo Adan (España); Marco Camenisch (Svizzera); Prigionieri del caso "Breite Strasse" e Thomas Meyer-Falk (Germania); Silvia Guerini, Costantino Ragusa, Billy Bernasconi, Francesco Puglisi, Sergio Maria Stefani, Alfredo Cospito y Nicola Gai (Italia); Argiris Dalios, Fivos Harisis, Giannis Mihailidis, Dimitris Politis, Grigoris Sarafoudis, Nikolas Romanos, Grigoris Tsironis, Evi Statiri, Spyros Christodoulou, Argyris Ntalios, Andreas-Dimitris Bourzoukos, Giorgos Karagiannidis, Tasos Theofilou, Nikos Maziotis, Kostas Gournas, Spyros Mandylas, Antonis Stamboulos, presos de la Red de Luchadores Presos (DAK) y presos de la CCF (Grecia); Operación Fénix (Repubblica Ceca); Ihar Alinevich, Mikalai Dziadok, Artsiom Prakapenka, Pavel Syramolatau, Aliaksandr Frantskievich y Jauhen Vas'kovich (Bielorussia); Ilya Romano, Stepan Zimin, Alexey Polikhovich y Aleksandr Kolchenko (Russia); Nicole Kish (Canada); Taame Iti y Te Rangikaiwhiria Kemara (Nuova Zelanda) José Manuel Del Moral (Venezuela)

Per la fine della persecuzione giuridica contro: Felicity Ryder, Gustavo Rodríguez y Carlo "el chivo" López.
In memoria di Sacco e Vanzetti:
¡Basta ya de criminalizar las ideas!

Fonte

21 agosto 2015

LA GUERRA PER L'IMMAGINAZIONE


Il nostro ambiente cambia a grande velocità. E allo stesso tempo, in maniera lenta ma inesorabile, quasi inavvertitamente, cambiamo anche noi. L'ambiente ci cambia. Influenza i nostri atti e i nostri gesti, la concezione del nostro tempo, i nostri movimenti, i nostri desideri e i nostri sogni.
Guarda questa città. È un luogo in uno stato di costante trasformazione. Il potere vi erige nuovi centri commerciali e carceri, ne occupa i quartieri con migliaia di nuove telecamere e commissariati supplementari, vi costruisce loft per i ricchi e spinge i poveri fuori dalla città, vi estende i trasporti pubblici affinché chiunque ogni giorno riesca comunque ad arrivare puntuale al proprio posto nell'economia. Eppure — e i difensori del sistema lo sanno fin troppo bene — l'occupazione del territorio con tutte queste infrastrutture resta in fondo relativa. Nello spazio di qualche notte selvaggia, una folla che insorge potrebbe tecnicamente parlando ridurre tutto in cenere. Proprio per questo la vera occupazione — l'occupazione duratura in grado di garantire che l'oppressione sopravviva sotto forme differenti attraverso la storia — si trova altrove. È nelle nostre teste. Noi cresciamo in un ambiente e senza pietà questo ambiente cerca di determinare la nostra immaginazione. È questo lo scopo che i potenti teorizzano quando non risparmiano né tempo né denaro nel trasformare la città di Bruxelles. Fondamentalmente non vogliono solo che le nostre attività quotidiane siano al servizio di questo ambiente, ma anche che i nostri pensieri siano circoscritti dalle sue cornici. Cosicché i nostri sogni restino sempre all'interno delle gabbie in cui l'ambiente ci tiene reclusi: cittadino, consumatore, impiegato, prigioniero, piccolo delinquente/commerciante marginale... È qui che si situa la vera vittoria del potere: nel momento in cui viene cancellata ogni memoria delle rivolte che demolivano quelle gabbie. In questa città, non molto tempo fa, quel genere di rivolte sconvolgevano la routine quotidiana. Gli sbirri venivano attirati in agguati, i commissariati erano attaccati, la videosorveglianza veniva sabotata, i gabbiotti della metropolitana erano messi fuori uso, i quartieri erano diventati pericolosi per ogni tipo di divisa, c'erano rivolte in carcere ed echi solidali nelle strade... Lo Stato preferirebbe che si dimenticassero tutte queste possibilità che vengono colte sempre meno. Una volta dimenticate, cesserebbero semplicemente di esistere. È una battaglia incessante per tenere aperte tali possibilità, per spingerle più in là, per inventarne di nuove e sperimentarle nella pratica. È una lotta costante per l'immaginazione, che può essere il combustibile di un fuoco incontrollabile contro l'oppressione, oppure soffocare ogni possibile focolaio. L'azione diretta in tutte le sue forme è la nostra arma. Come piede di porco che forza le porte dell'immaginazione, essa rende il pensiero pronto e l'agire in condizione di combattere.
Non c'è che il gioco offensivo fra i due che possa renderci davvero pericolosi per l'ordine costituito. Immaginiamo ciò che appare impossibile e facciamo ciò che appare impensabile.
[La cavale, contre la prison et son monde]
Da Finimondo


A PROPOSITO DELLE AUTOMOBILI INCENDIATE NELLE ULTIME SETTIMANE A BERLINO..

Link
Veicolo SIEMENS

Per Monica Caballero, Nikos Romanos, Francisco Solar, Nikos Maziotis e tutt i/le prigionier ribelli, per chi brucia i veicoli dell'impresa costruttrice di prigioni Vinci nelle vie di Parigi e ha celebrato la festa del 14 luglio a modo suo, per gli intoccabili che hanno ancora una volta lanciato μολότοφ [Molotov] e pietre nelle vie di Atene e non si sono lasciati ingannare da Syriza e per noi stessi.

Ecco perché abbiamo dato alle fiamme un veicolo della società di sorveglianza Deutsche Telekom nel quartiere di Wedding a Berlino l'11 giugno 2015 ; abbiamo bruciato un furgone del produttore d'armi Siemens sulla penisola Stralau il 13 luglio 2015 e ridotto in ceneri un veicolo dell'azienda di sicurezza WISAG in Paul-Junius-Straße il 17 luglio 2015.

La Fortezza Europa crollerà soltanto quando la tempesta che infuria ai suoi confini esterni si unirà alle sovversioni interne e locali, e quando queste lotte saranno in correlazione le une con le altre.


Veicolo WISAG


20 agosto 2015

IL BARROCCHIO NON SI SGOMBERA! STATE TUTTI AGITATI!

riceviamo e diffondiamo:

IL BAROCCHIO NON SI SGOMBERA! STATE TUTTI AGITATI!

Il Barocchio è realmente minacciato di sgombero. E' di soli pochi giorni fa la delibera pubblicata da Asl To3: la costruzione di una nuova struttura psichiatrica detentiva si farà. Quello che sarà del Barocchio Squat lo deciderà un piano di fattibilità entro settembre.

(Link delibera: http://www.aslto3.piemonte.it/PubblicazioneFtp/pubblicazione.xml numero atto 1758)

Contenti nel vedere la forte solidarietà e complicità espressa da moltissime realtà ed individualità, continueremo a tenervi agitati! La nostra solidarietà va invece al Ripa dei malfattori, occupazione sgomberata pochi giorni fa il 4 agosto a Milano.
Per continuare ad opporci alla realizzazione di questo progetto e per difendere il Barocchio Squat, nel mese di agosto e settembre saranno molte le iniziative qui ed in città ed accogliamo con piacere il contributo e l'iniziativa di chiunque voglia proporsi.

Prossime date:

VENERDI 21 AGOSTO Cena Bellavita e BattleBowling a seguire aggiornamenti organizzativi sui prossimi giorni ed iniziative.

SABATO 22 AGOSTO h.10 presidio informativo e volantinaggio al mercato Balon.

DOMENICA 23 AGOSTO Pizza Bellavita e realizzazione di quanti più striscioni si possono spargere per la città.

SABATO 29 AGOSTO  Incontro e dibattito con Sabatino Catapano al Barocchio Squat.

TRE GIORNI ANTIPSICHIATRICA 11-12-13 SETTEMBRE  Dibattiti, concerti e presentazioni, invitiamo tutti quanti a fermarsi e a campeggiare!

Nell'arco di queste settimane estive invitiamo tutti i complici e solidali a passare a trovarci!

IN CASO DI SGOMBERO INVITIAMO TUTTI, IL PRIMO SABATO CHE SEGUE, AD ESPRIMERE LA PROPRIA FOLLIA  PER LE STRADE DEL CENTRO DI TORINO, TENETEVI AGGIORNATI!


STATE AGITATI!
                                                                                                                                         
BAROCCHIO SQUAT


Fonte

14 agosto 2015

LA PROTESTA DEL CUORE


Il cuore di Mohammed, sudanese di 47 anni, ha protestato in maniera estrema e definitiva, smettendo di battere, stanco della fatica, della polvere e del calore. Qualche giorno di scandalo, un  po’ di cordoglio e di pietismo delle anime belle della società, e poi il ritorno della quotidianità. Non bisogna meravigliarsi, perché la morte di quest’uomo rientra a pieno titolo nella normalità di questo mondo, una normalità fatta di sfruttamento di poveri disgraziati ad opera di padroni, sostenuti da Governi  e amministrazioni locali (di destra quanto di sinistra) e associazioni no-profit che tra tante belle parole hanno lasciato che la situazione rimanesse inalterata.
Questa morte in mezzo ai campi di pomodoro non è un’anomalia, frutto di condizioni di lavoro schiavistiche, bensì la normale conclusione dello sfruttamento capitalista. Mohammed non era uno dei tanti invisibili, un clandestino, ma un uomo più o meno in regola col permesso di soggiorno, che forse non poteva essere in regola anche col contratto di lavoro per via della sua condizione di apolide, frutto del limbo giuridico in cui ci si trova sospesi quando si è richiedenti asilo, una condizione che impedisce di avere un regolare lavoro. Il fatto che il padrone di turno fosse già stato arrestato per sfruttamento nei campi, al massimo fa riflettere sulla sua poca furbizia, ma non sposta di una virgola la spaventosa normalità di questo genere di morti.
Qual è infatti la differenza tra uno sfruttatore di africani a Nardò ed uno sfruttatore di cinesi nella famigerata Foxconn a Shenzhen, fabbrica-dormitorio dove vengono prodotti gli I-phone, in cui si sono suicidate decine di persone in pochissimi anni? È nella distanza geografica che separa lo sfruttatore dagli sfruttati, perché Steve Jobs (e i suoi eredi) si trovano dall’altra parte del mondo rispetto a coloro che ammazzano per trarne profitto. È un po’ come per la guerra: i combattenti dell’Isis che sgozzano da vicino e si sporcano di sangue sono terroristi, gli eserciti che bombardano a distanza sono esportatori di democrazia. Nella realtà, tolte le sfumature, le differenze non esistono.
La differenza è anche nella distanza – per dir così – sociologica che separa il pomodoro dal telefono; la raccolta del primo è legata alla terra e richiama condizioni di lavoro dure e retrograde, la produzione del secondo è sintomo di progresso e civiltà. Nessuno si chiede, mentre corre sempre più veloce col ditino su uno schermo, quanti morti lasci dietro di sé la nuova, entusiasmante app di cui si vanta con gli amici.
All’interno di questo mondo di merci, fatto di produzione e consumo, e delle sue Repubbliche fondate sul lavoro, non esistono imprenditori dal cuore tenero e crudeli schiavisti, ma vige sempre l’insuperabile divisione in classi tra padroni e servi, tra sfruttati e sfruttatori. In mezzo a tutto ciò, l’unica protesta sembra essere quella del cuore che si ferma, perché in troppi ormai un cuore non lo hanno più o, come diceva il poeta, ha la forma dei salvadanai.


[Brecce n°3, agosto 2015]
da Finimondo

DA LAMPEDUSA A KOS, DA CAGLIARI A KALYMOS: GLI STATI FANNO LA GUERRA, I/LE MIGRANTI SONO IN LOTTA PER LA LIBERTA'


Una settimana di proteste, manifestazioni, cortei e repressione nelle isole del Mediterraneo, che per la loro posizione sembrano sempre più trasformarsi in centri di identificazione e reclusione, dove migliaia di migranti lottano per continuare il loro viaggio e raggiungere, attraversando il continente europeo, le loro destinazioni.
Lampedusa
A Lampedusa l’11 e il 12 Agosto decine di minori migranti giunti con gli ultimi sbarchi sono usciti in massa dal centro di accoglienza per recarsi al porto commerciale, con l’intenzione di lasciare subito l’isola, così come gli era stato illusoriamente promesso. Sono stati fermati dalle varie forze di polizia che presidiano il centro accoglienza e la zona e dissuasi da alcune ONG (1). Negli striscioni che esponevano si poteva leggere la protesta contro l’identificazione forzata. Inoltre hanno espresso la volontà di partire tutti insieme e non separati (e dispersi) in piccoli gruppi, e l’intenzione di ricongiungersi con gli adulti con i quali avevano condiviso il viaggio verso l’Europa (2, 3).
Cagliari
Dal 6 Agosto centinaia di migranti, tra i quali molti eritrei, da poco arrivati in Sardegna , si sono diretti e accampati in piazza Matteotti e nella zona del porto prossima agli ingressi per tentare di imbarcarsi sui traghetti e lasciare l’isola senza farsi identificare. Nella trattativa è intervenuto il questore affermando che sarebbero potuti partire a piccoli gruppi ma “hanno il dovere di farsi identificare e fotosegnalare, agli adempimenti previste dalla legge non si possono sottrarre“ (4) .
Cagliari, presidio dei migranti al Comune 11/8/15
Cagliari, presidio dei migranti al Comune 11/8/15

L’undici Agosto in 200, soprattutto eritrei e sudanesi, si sono diretti in Comune, bloccando il traffico su via Roma, per tenere un presidio fisso, controllati a vista da decine di poliziotti, vigili e carabinieri. I giornali annunciavano poi la fine della protesta: dopo giorni di promesse ed illusioni istituzionali, ed ovviamente anche di minacce e ricatti, secondo la stampa la maggior parte dei migranti sarebbe tornata nei centri di accoglienza. Ed invece il giorno dopo, 12 Agosto, la protesta è continuata: nuovo spostamento in massa verso gli ingressi del porto, chiusi dalle autorità, e in seguito un corteo selvaggio percorre e blocca le strade di Cagliari, lungo viale la Plaia fino a via Roma, per terminare nuovamente in un presidio davanti al Municipio (5).
Cagliari, corteo selvaggio 12/8/15
Cagliari, corteo selvaggio 12/8/15

Il presidio è continuato per tutta la notte: “Siamo diventati dei prigionieri. Non abbiamo alternative: iniziamo lo sciopero della fame” hanno affermato i migranti, che continuano a lottare per partire senza farsi fotosegnalare (6).
Kalymnos
Kalymnos, protesta dei migranti 10/8/15
Kalymnos, protesta dei migranti 10/8/15

Nell’isola dell’Egeo il 10 Agosto duecento migranti si sono riuniti per protestare davanti all’autorità portuale. Da giorni sono bloccati sull’isola, con un caldo insopportabile e con un solo bagno e una doccia a disposizione per centinaia di adulti, neonati e bambini. Rifiutavano di farsi prendere le impronte digitali e volevano raggiungere il continente.
Nella repressione della protesta è stata segnalata la presenza, oltre che della guardia costiera, di “civili” armati di bastoni e fucili d’assalto: la minaccia di usare le armi ha costretto i migranti a ritirarsi. I giornali locali riportano anche il lancio di bombe carta per intimidire i migranti (7, 8).
Kalymnos, civili armati , 10/8/15
Kalymnos, civili armati , 10/8/15

Kos
Migliaia di migranti, (secondo alcune fonti 7000), per la maggior parte siriani ma anche afgani e africani, hanno raggiunto nelle ultime settimane l’isola greca, posta a pochi chilometri dalla costa della Turchia e per questo motivo abbastanza facilmente raggiungibile anche con imbarcazioni di fortuna. Nell’isola non è prevista nessuna forma di “accoglienza”, anche minima. Sono sorti decine di piccoli accampamenti improvvisati negli spazi pubblici dell’isola. Il sindaco dell’isola ha subito lanciato appelli per “liberare” questi spazi dalla presenza sgradita dei migranti, e le forze dell’ordine supportate da fascisti locali hanno provveduto a sgomberare la maggior parte dei campi e spostare con la forza migliaia di persone nello stadio dell’isola, dove avviene l’identificazione. Le proteste dei migranti contro l’identificazione, per i lunghi tempi di attesa e per la mancanza di tutti i beni primari (acqua, cibo, letti, servizi igienici) è stata repressa dalla polizia attraverso l’uso di granate stordenti e bastoni, minacce con coltelli, e in seguito anche con l’uso di estintori. Perso il controllo della situazione, le autorità e le forze dell’ordine hanno pensato bene di trasformare lo stadio in un vero e proprio campo di concentramento, chiudendo per un giorno circa 2000 persone all’interno dell’impianto sportivo senza acqua, cibo, ombra, letti e servizi igienici. Le richieste d’aiuto al governo centrale sono state subito soddisfatte: un aereo da trasporto C130 con a bordo due plotoni della polizia antisommossa MAT è stato frettolosamente inviato sull’isola. La celere ha presidiato l’ingresso dello stadio, reprimendo con manganelli e spray urticanti le proteste dei segregati.

Tratto da Machorka

ROVERETO: BASTA MORIRE PER I PADRON

riceviamo e diffondiamo:
Rovereto: basta morire per i padroni

Partiamo da un'immagine. In un torrido giovedì pomeriggio d'agosto una camionetta della Celere e agenti in tenuta antisommossa stazionano sotto una sontuosa villa, in un viale a qualche decina di metri dalla piazza principale di Rovereto. La villa è di Gianni Marangoni, direttore della Marangoni pneumatici.
All'inizio del viale ci sono circa centocinquanta persone che urlano "Assassino" all'industriale e "Servi" ai celerini. Mentre qualcuno affigge manifesti "Carmine è stato ucciso dalla Marangoni, basta morire per i padroni", qualcun altro scrive con la pennellessa sull'asfalto "Marangoni assassino. A Carmine", altri ancora trasformano "Viale dei Colli" in "Viale Carmine Minichino, operaio ucciso dalla Marangoni". Nel variegato gruppo c'è anche la moglie di Carmine, operaio bollito vivo mentre lavorava a 50 gradi, con dieci minuti di pausa su otto ore, nel reparto presse della Marangoni, il 21 luglio.
Si tratta del passaggio più significativo del corteo che si è svolto a Rovereto il 6 agosto. A parte la Celere sotto casa di un industriale, di per sé un corso accelerato di dottrina dello Stato (e del capitalismo) impartito anche ai più distratti, raramente nella storia – almeno recente – di Rovereto una manifestazione è stata così unita nei contenuti e nelle emozioni. Nei manifesti, nelle scritte, negli interventi, negli slogan, nessun giro di frasi, nessuna ambiguità. "Basta morire per i padroni" è suonato non come un generico appello, ma come un attacco preciso a Marangoni, così come all'assessore all'industria Olivi (PD), alle istituzioni, alla medicina del lavoro pagata dall'azienda, a Cgil. Cisl e Uil, tutti complici nello sfruttamento dei lavoratori e nell'assassinio legalizzato di Carmine. Per un paio d'ore, solo espressioni di rabbia, solo ragionamenti di lotta. La composizione del corteo rifletteva il percorso con cui ci si è arrivati.
Un gruppo di compagne e compagni, il 28 luglio, blocca la strada davanti alla Marangoni, paralizzando il traffico per un'ora. Lo scopo è presto detto: dividere in due la città, "fra chi accetta e chi non accetta simili ingiustizie. Affinché chi non le accetta lo dica, lo urli, lo dimostri". Nei giorni successivi se ne parla nelle assemblee no tav, nel giro degli amici e solidali di Stefano Frapporti (morto anche lui un 21 luglio...), con i lavoratori e le lavoratrici del supermercato Orvea di Trento. L'intesa è fra tutti immediata: indire un'assemblea pubblica il 4 agosto e un corteo il 6. Non mancano i dubbi: la città è quasi deserta, gli operai della Marangoni hanno paura persino a prendere un volantino al cancello della fabbrica, i tempi sono stretti ma... bisogna scendere in strada ora, senza aspettare, con chi ci sta. Nel frattempo arriva una commovente lettera del figlio di Carmine che ringrazia per la solidarietà; la moglie di Carmine ci dice che sarà al corteo. L'assemblea del 4 agosto è molto partecipata e ci si capisce al volo. Occorre dare un segnale, indicare con chiarezza le responsabilità, cominciare da noi stessi e non da quello che possono o vogliono fare gli operai della Marangoni, essere da stimolo, autorganizzarsi. Si concorda che non ci saranno bandiere in piazza e si decide anche di fare la scritta davanti alla villa di padron Marangoni (che in Trentino controlla banche, assessori, stampa, edilizia, sindacati... e che nessuno osa criticare). Un sindacato di base indice lo sciopero per il 6 al fine di agevolare la partecipazione al corteo. I padroni dell'azienda annunciano ad arte 50 licenziamenti futuri, un ricatto ad orologeria che fa abbassare le teste già chine: al corteo non verrà alcun operaio della fabbrica.
Quella del 6 agosto è stata una manifestazione tranquilla nelle modalità ma inequivocabile nei contenuti. La sensazione è che abbia lasciato il segno e indicato un certo modo di lottare, come hanno dimostrato i vari inviti a continuare sulla strada intrapresa, con alcune idee per settembre.
Certe porte si spalancano quasi sempre in pochi. Ma non si sa mai in anticipo quanti altri le varcheranno. Il segreto è cominciare.

Di seguito uno dei volantini distribuiti durante il corteo  

Cominciamo
Se non si è ricchi o privilegiati, per campare bisogna vendere le proprie capacità fisiche e intellettive in cambio di un salario. In mezzo alle più sofisticate innovazioni della società tecnologica c'è qualcosa che non è mai cambiato: lo sfruttamento della forza-lavoro. Il profitto consiste ancora nel far lavorare il più possibile gli esseri umani e nel pagarli il meno possibile. E se questo presuppone carichi di lavoro sempre più pesanti e condizioni sempre più precarie e disumane, tanto peggio per i lavoratori. È il capitalismo, signore e signori.
Di questo è morto Carmine, lavorando a cinquanta gradi con dieci minuti di pausa su otto ore in un reparto della Marangoni. Non è una fatalità, non è un tragico errore. È un assassinio legalizzato. A finire come Carmine sono più di mille all'anno in Italia e milioni nel mondo. Là dove la classe operaia è in vertiginoso aumento (Brasile, Cina, India...), i lavoratori muoiono come le mosche – e le guardie armate all'entrata o nei raparti delle fabbriche tolgono all'espressione "guerra del capitale" ogni senso metaforico. Dal momento che i padroni comprano ormai la forza lavoro a livello mondiale, aprendo e chiudendo le fabbriche a seconda di quanto costa la merce-uomo nei diversi Paesi, la concorrenza si fa anche qui da noi spietata e la solidarietà arranca. Si accetta tutto pur di lavorare. Si continua a lavorare anche quando un compagno muore. Si teme persino di prendere un volantino se i sorveglianti del padrone ti osservano.
Senza una ripresa molto dura delle lotte non usciremo dall'angolo. E molte illusioni dovranno crollare. Il ruolo giocato dalla Provincia di Trento rispetto alla Whirlpool, alla Martinelli, all'Arcese, alla Malgara, alla Gallox, alla Marangoni... dimostra ampiamente che le istituzioni sono sì, come si pretende, un arbitro tra aziende e lavoratori, ma uno di quegli arbitri che tengono ferme le braccia dell'operaio mentre il padrone lo gragnola di colpi a bordo del ring.
Se esistesse davvero quella cosa chiamata "denaro pubblico", dopo gli 86 milioni di euro che l'assessore Olivi ha dato in dieci anni a Marangoni potremmo dire che i capannoni di quest'ultimo sono nostri; di più, con tutti quei soldi avremmo potuto mantenere gli operai al bar per non farci inquinare l'aria e i polmoni incenerendo pneumatici. Ma quella dei cosiddetti amministratori del cosiddetto bene comune è una gigantesca balla. Classe dirigente e classe dominante si producono e si sostengono a vicenda. Basta cominciare a smascherare gli interessi di un industriale per vedere da che parte stanno i partiti, i sindacati, i giornali, la magistratura, le forze dell'ordine.
Un operaio è morto bollito vivo. Dove sono i presìdi sindacali? Dove sono le interrogazioni in consiglio comunale o provinciale? Tanto solerti nel chiedere quanto "denaro pubblico" si spende per i pasti o le ricariche dei cellulari di qualche decina di profughi, tutti zitti quando si tratta di chiedere se con gli 86 milioni di euro provinciali Marangoni non poteva per caso comprare qualche impianto di ventilazione; tutti zitti nel chiedere come un industriale possa aumentare i ritmi di lavoro e parlare allo stesso tempo di esuberi, oppure come possa ricevere i contributi per la cassa integrazione e allo stesso tempo assumere interinali; oppure come accada quella magia per cui l'unico giorno all'anno in cui l'inceneritore della Marangoni ha i filtri apposto è quando arriva il controllo degli ispettori...
E allora diciamoci le cose come stanno. Vendicare la morte di Carmine significa ribadire che l'ingiustizia ha nome, cognome e indirizzo, cioè far sentire a Marangoni, a Olivi, a Cgil, Cisl e Uil che non scorderemo le loro responsabilità.
Ma diciamo anche altro. E cioè che senza lotta non c'è argine al peggioramento delle condizioni di lavoro, e nemmeno ai licenziamenti; che la paura è nel nostro campo e non sarà facile cacciarla in quello del nemico. Cominciamo da noi e da quei pochi raggruppamenti di resistenza presenti dentro e fuori i posti di lavoro affinché si allarghino e si radicalizzino. Affermiamo nei fatti che chi tocca uno, tocca tutti. Dimostriamo nei fatti che la solidarietà è più importante delle tessere, delle sigle, delle organizzazioni.
Battiamoci, assieme a chi ci sta, su obiettivi circoscritti, sapendo e dicendo che nelle lotte si può perdere domani ciò che si è conquistato oggi. Fino a quando non avremo abbattuto dalle fondamenta un sistema sociale maledetto e assassino.

compagne e compagni